Onorevoli Colleghi! - L'organizzazione dell'attività informativa e di sicurezza del nostro Paese è ancora quella che venne definita nel lontano 1977, quando era imperativo porre lo Stato nelle condizioni di affrontare al meglio l'offensiva portata dall'eversione terroristica interna e su tutto l'occidente incombeva la minaccia sovietica.
      Dai giorni in cui venne approvata la legge 24 ottobre 1977, n. 801, il mondo è cambiato. Il vecchio ordine bipolare della «guerra fredda» ha ceduto il campo ad una nuova realtà, nella quale paradossalmente le medie potenze come l'Italia sono chiamate ad assumersi maggiori responsabilità nel mantenimento della stabilità internazionale. Le Forze armate della Repubblica, ad esempio, sono sempre più frequentemente impegnate oltremare, spesso nell'ambito di complesse missioni alle quali partecipano civili del nostro Paese: una circostanza che ha proposto all'attenzione del Governo e del Parlamento situazioni di crisi che negli anni settanta erano difficilmente immaginabili dal legislatore. Si pensi, ad esempio, al compimento di attentati contro i contingenti militari inviati all'estero o ai sequestri di persona compiuti ai danni dei nostri concittadini presenti sui teatri di crisi con l'obiettivo di condizionare la politica estera.
      La globalizzazione ha altresì permesso nuove forme di organizzazione dell'offesa terroristica, permettendo la pianificazione

 

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a distanza degli attacchi e nuove forme di congiunzione delle minacce esterne a quelle interne alla sicurezza nazionale. Quanto è accaduto l\`11 settembre 2001 in America, l\`11 marzo 2004 a Madrid, il 7 e 21 luglio 2005 a Londra ben illustra il nuovo contesto entro il quale vanno definiti i compiti di un moderno sistema di intelligence.
      Da queste considerazioni muove la presente proposta di legge, il cui scopo è quello di ammodernare la vigente legge che disciplina organizzazione, attività e controlli sui nostri servizi informativi e di intelligence. Stante la permanenza di un quadro politico-strategico fluido, infatti, sembrano sconsigliabili rivoluzioni strutturali del genere prefigurato nella XIII legislatura dopo la pubblicazione del rapporto conclusivo della Commissione Jucci istituita dal Governo pro-tempore. Una fusione delle attuali agenzie, infatti, sarebbe un processo inevitabilmente lento e complesso, che verosimilmente richiederebbe all'eventuale nuovo servizio di intelligence unificato una faticosa opera di ricostruzione delle relazioni internazionali intrattenute dagli attuali organismi con le loro controparti dei Paesi alleati dell'Alleanza atlantica e dell'Unione europea. Inoltre, non appare casuale la circostanza che nessuno dei principali Paesi occidentali abbia in tempi recenti deciso di procedere ad un accorpamento delle proprie comunità di intelligence. Non lo hanno fatto gli Stati Uniti, che dispongono di una intelligence community larghissima, con più di una dozzina di agenzie indipendenti. Non lo ha fatto il Regno Unito. Non lo ha fatto la Francia. Non lo ha fatto neppure la Germania, che possiede anche dei servizi per la difesa dell'ordine interno propri a ciascun Land.
      Persino la Federazione russa, ereditando un sistema monistico imperniato sul KGB, ha optato per il suo smembramento, dotandosi di un servizio per l'estero, di uno per l'interno e di uno specificamente militare: rispettivamente l'SVR, l'FSB e il GRU.
      Soltanto i Paesi Bassi si sono mossi in controtendenza e sulla loro esperienza il giudizio è tuttora sospeso.
      Se le rivoluzioni strutturali paiono sconsigliabili, ciò non vuol dire che tutto debba rimanere invariato. Tutt'altro. L'esperienza degli ultimi anni mostra al di là di ogni ragionevole dubbio che occorre ammodemare l'apparato informativo e di sicurezza nazionale procedendo almeno in due direzioni.
      In primo luogo, è necessario salvaguardare le posizioni degli operativi, che possono essere chiamati dal Governo, in nome della ragion di Stato, a porre in essere dei comportamenti illegali. Il fatto è connaturato all'attività di intelligence, il cui parametro di giustificazione secondo le dottrine più autorevoli è costituito dalla legittimità dei fini piuttosto che dalla legalità delle iniziative. Non sembra corretto chiedere ai servitori dello Stato di violare la legislazione nazionale senza predisporre un'adeguata tutela della loro posizione e, naturalmente, introdurre delle clausole di salvaguardia per l'ordinamento giuridico ed i suoi valori fondamentali.
      In secondo luogo, proprio perché appare indispensabile potenziare le capacità dei servizi predisponendo un efficace sistema di «garanzie funzionali» è necessario altresì rafforzare i controlli ex post sull'operato dei servizi e del Governo che li guida.
      Il primo obiettivo è perseguito attraverso le disposizioni prefigurate dall'articolo 3 della presente proposta di legge, che ricalca in larghissima misura le previsioni del disegno di legge del Governo che venne approvato a larga maggioranza dal Senato della Repubblica nella scorsa legislatura (atto Senato n. 1513, divenuto atto Camera n. 3951). Le uniche modifiche riguardano il rafforzamento delle misure di garanzia per il personale dei servizi che partecipi ad operazioni internazionali nel quadro della campagna contro il terrorismo di matrice jihadista o comunque transnazionale.
      La seconda finalità è invece assicurata attraverso il potenziamento della rappresentatività del Comitato parlamentare per
 

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i servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato, attualmente composto da soli quattro deputati e quattro senatori, nonché tramite la previsione di precisi obblighi informativi nei suoi confronti.
      L'attuale Comitato parlamentare assicura un canale informativo tra Esecutivo ed opposizione che, pur avendo dato buona prova di sé nei trascorsi cinque anni, funziona attualmente soltanto se l'Autorità nazionale per la sicurezza decide autonomamente di coinvolgerlo. L'esperienza maturata durante le crisi verificatesi in occasione del sequestro in Iraq di Simona Pari, Simona Torretta e Giuliana Sgrena, quando il Sottosegretario delegato alla politica informativa e di sicurezza informò costantemente l'opposizione di quanto accadeva, merita di essere formalizzata. A ciò dovrebbero provvedere gli obblighi informativi disposti dall'articolo 2 della presente proposta di legge.
      Un obbligo informativo è altresì posto a carico del Governo nei confronti dei presidenti delle regioni il cui territorio o la cui popolazione risultino interessati da una minaccia grave ed imminente rilevata dai servizi informativi e di sicurezza.
      Attesa la grande rilevanza della materia oggetto della presente proposta di legge, se ne raccomanda la sollecita approvazione.
 

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